Una critica ai Talent shows

Una critica ai Talent shows
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Oggi riscuotono un grande successo i talent show.

La prima critica che faccio a questi programmi è che formano ballerini e cantanti ma non autori. Vengono premiati solo gli interpreti e non i poeti prestati alla musica né coloro che possono veicolare messaggi importanti o fare denunce sociali. Talvolta penso che questi format creino degli epigoni, se non degli imitatori. Non viene premiato in alcun modo lo spessore culturale. Inoltre eticamente mi hanno sempre lasciato perplesso. I giudici abbattono sul nascere i sogni e le aspirazioni di ragazzi troppo giovani. C’è il rischio di ferire in modo letale la sensibilità non solo artistica ma anche umana dei giovani.

I talent show possono essere un trampolino di lancio, una opportunità, una esperienza formativa ma anche un supplizio senza fine. Un tempo diventavano famosi dopo anni di gavetta. Oggi questo bagno di folla, questa grande popolarità improvvisa può rivelarsi dannosa per giovani che devono ancora crescere e maturare. Nei talent gli aspiranti cantanti e ballerini hanno da subito una grandissima visibilità che può montar loro la testa o che può renderli infelici nel caso di riscontri negativi.

Ai ragazzi viene data la possibilità di interagire con coach famosi, di duettare con artisti internazionali, di essere osannati dal pubblico nel migliore dei casi e dopo queste grandi scariche di adrenalina cosa resta due o tre anni dopo? Molto spesso niente.

La carriera di un artista dovrebbe procedere per tentativi ed errori ma in questo genere di trasmissione è vietato sbagliare e perciò è vietato variare e sperimentare. In definitiva l’industria discografica è al servizio della televisione. La televisione dovrebbe essere il mezzo ed invece diventa il fine: su tutti e tutto regna incontrastato l’audience.

Questi format portano a grandi ascolti però ciò va a discapito della qualità. Viene da chiedersi se necessariamente un giovane deve passare per le forche caudine della televisione per diventare un cantante o un ballerino famoso. L’eccessiva severità dei giudici, i fischi del pubblico in sala o il televoto possono demoralizzare e deprimere in modo cruciale i giovani.

Esiste una parte statica ed una dinamica di noi stessi? Con il tempo si cambia e talvolta si migliora? In giovane età io penso che tutti abbiano dei margini di miglioramento notevoli, ma il talent sembra voler decretare in modo definitivo il successo o l’insuccesso di un giovane. Il talent sembra voler mettere una pietra tombale sui sogni di alcuni giovani, che dovrebbero essere trattati con più delicatezza e con meno brutalità. Nella vita normale molti si imbattono quotidianamente in colleghi, superiori, familiari, parenti, conoscenti che, a torto o a ragione, non li stimano. All’università alcuni docenti trattano male gli studenti, però questo avviene davanti ad una ristretta cerchia di persone. Anche nella vita quotidiana c’è il rischio del giudizio negativo, del fallimento e talvolta dello stillicidio continuo e della molestia morale. Ma la televisione amplifica tutto.

Il talent dura poco. Ma tutto accade davanti a milioni di spettatori. Alle sfuriate di un giudice assistono milioni di spettatori. Le figuracce e le scenate diventano virali: addirittura nazionalpopolari. Non si può prescindere da tutto ciò? Bisogna illudere e poi deludere così questi giovani? Devono essere così sfruttati dalla logica televisiva e dall’industria della canzone? Spesso vengono tarpate le ali sul nascere in modo definitivo. Prima avveniva tutto in modo più graduale: c’erano delle tappe e dei livelli. Sono pochi quelli che ce la fanno. Alcuni addirittura vincono il talent e dopo qualche anno vengono subito dimenticati. Il sistema discografico è sempre più un mondo usa e getta. I talent mi sono sempre sembrati dei tritacarne senza umanità. Eppure tantissimi giovani ogni anno vanno a fare i provini. Vogliono svoltare come si dice a Roma. Forse non mettono in conto che oltre agli onori e ai guadagni essere famosi comporta anche degli oneri, delle responsabilità, dei compromessi e dei sacrifici. Beata la loro incoscienza!

A me i talent show fanno malinconia e ritengo fortunati gli ideatori non solo per il successo ma anche perché finora nessun giovane si è fatto del male. La controversa questione se questi format fanno male a chi vi partecipa rimane. Così come resta l’idea in molti che lo spettacolo abbia la meglio sulla musica che, seppur declinata in tutte le sue varianti ed i suoi generi, viene per alcuni critici musicali rovinata. Nessuno però sa dire se era meglio prima quando aspiranti e sedicenti artisti cantavano ai matrimoni oppure ora. Mi fanno altrettanta malinconia a onor del vero le trasmissioni di vecchie glorie che rievocano i bei tempi e cantano i loro cavalli di battaglia. Comunque i talent show sono delle minestre riscaldate perché in gran parte dei casi vengono riproposti vecchi brani. Mi chiedo chissà quanta gente lavora dietro le quinte di questi programmi e non vedo i risultati concreti. Mi domando se ci sia qualcosa e qualcuno in questi format che possa veramente allargare gli orizzonti e aprire la mente dei telespettatori.

Mi viene il dubbio a tal proposito che sia tutto intrattenimento. Mi viene il dubbio che i telespettatori aspettino la stecca senza alcuna empatia per il giovane più che il virtuosismo. Forse sarebbe più onesto e meno rischioso per i partecipanti fare una nuova Corrida in cui nessuno ha pretese artistiche e in cui ci si può mettere in gioco allegramente con spensieratezza. Inoltre penso che dietro una apparente strafottenza e la rincorsa al successo dei giovani molto spesso si cela l’insicurezza psicologica, l’incertezza esistenziale e la voglia di essere accettati per quello che realmente si è. Questa loro fragilità va tenuta in considerazione e non gettata in pasto al pubblico. I giovani potrebbero non essere ancora corazzati a livello interiore e potrebbero ancora non essere preparati psicologicamente. Il canto e il ballo sono anche delle attività ludiche ma nei talent show tutto viene prese terribilmente sul serio. Il giudizio dei coach e del pubblico risultano delle sentenze inoppugnabili. I giudizi sono spesso perentori e non ammettono repliche. Qualcuno potrebbe sostenere che non è colpa dei giudici se qualche ragazzo è troppo permaloso, troppo fragile, troppo vulnerabile, troppo delicato. A volte ho assistito a delle critiche destabilizzanti da parte dei giudici, che dovrebbero saper tener a freno la lingua e dovrebbero dimostrare più accortezza. Dovrebbero cercare di non ferire l’animo dei partecipanti. Un requisito fondamentale per essere giudici dovrebbe essere l’umanità, anche se lo show-business è una lotta di tutti contro tutti e bisogna essere agguerriti per sopravvivere.

I giudici dovrebbero pensare non solo a selezionare i migliori ma anche alle conseguenze psicologiche ed esistenziali di chi non ce la fa. Perché sottoporre a tutto questo stress psicologico ed emotivo dei giovani? Perché i giovani continuano ancora a fare da carne da macello a questi spettacoli? Apparentemente sembra un gioco, ma dietro c’è rivalità, malignità ed aggressività tra ragazzi che vengono messi l’uno contro l’altro. Forse il problema sta a monte: moltissimi giovani sanno che non potranno mai contare qualcosa in questa società e pensano che i talent show siano la loro ultima spiaggia. I talent show quindi sono per coloro che hanno la voce per cantare ma che non avranno mai voce in capitolo nel mondo. Così ogni anno in migliaia si catapultano alle selezioni. Ci saranno coloro che verranno glorificati e coloro che saranno umiliati. Ogni anno lo spettacolo viene riproposto nel palinsesto. La strategia vincente non viene cambiata. La cosa più saggia è cambiare canale a mio modesto avviso.

 

Davide Morelli – Pontedera